Tutto cominciò qualche tempo fa, imbattendomi in questo graphic novel per sbaglio guardando un video collezione di Dario Moccia e rosicando un po'. Ecco, avevo in mente di leggere qualcos'altro, uscire dalla gabbia dei fumetti che leggevo io e imbattermi nel mondo delle graphic novel.
Cioè il mondo del "col cazzo che con 3 euro ti leggi 'na storia", giustamente, certo, nessuno lo mette in dubbio. Fatto sta che per sbaglio nella medioteca della città poco lontano nel piccolo paesino dove abito io mi imbatto in Golem, quel fumetto di cui mi era rimasta impressa la copertina in quel video. Senza esitare a prenderlo, l'ho letto già due volte. Non è il momento di dire un po' cosa ne penso?
E' molto, molto, ma molto difficile parlare di questa graphic novel di questo promettente autore italiano, Lorenzo Ceccotti. Perché si nota perfettamente che è qualcosa di lavorato, studiato, ragionato e sudato: qualcosa di complesso, insomma. Eppure si notano anche i difetti, e alcuni ti spingono quasi, a lettura veloce, di non trovarlo proprio un granchè. Per fortuna poi si nota tutto il resto e si capisce quanto sia davvero un bel fumetto. E ora vi spiego il perché...
Golem lo considero, come molti, un opera che è una fantastica prova artistica, quasi esperimento. Che quindi, nella sua artisticità funziona, unendo benissimo come l'autore voleva il giapponese con il nostrano. Quando invece si pensa alla trama, quando la si legge senza applicare lo stesso ragionamento e lo stesso lavoro minimale dell'autore, appare tutto molto debole. Il motivo?
Golem è un opera che si basa sull'aspetto estetico di esso, ma allo stesso tempo all'aspetto interno e dettagliato della trama. E quindi? Beh, tutto ciò lascia un fianco scoperto. Il problema di Golem è che la trama generale, la sceneggiatura della storia vista in senso stretto di così com'è, tralasciando tutto il resto, è debole, molto debole e molto stereotipato. Eppure...
Il soggetto, anche se molto già visto, prometteva cose interessanti. I contesti futuristici non apocalittici ma psicologicamente parlando anche troppo a me personalmente piace sempre, e la cura dell'autore nel tratteggiare nella prima parte del racconto le varie ditte e i vari meccanismi tramite immagini e poche parole era bello e funzionale, rendendo la storia di più di quello che poteva veramente sembrare con quei piani di lettura che aveva come scopo l'autore.
Succede però qualcosa, all'improvviso, mentre tutto si stava facendo veramente interessante, mentre le domande si moltiplicavano e gli spunti erano infiniti. D'improvviso qualcosa cambia, si comincia a non capire più niente e si viene avvolti da una nuvoletta di schiuma rosa (letteralmente). Le domande si fanno di più e si gira pagina solo per capire cosa diamine sta succedendo, quando invece l'autore ti spiazza ancora con l'arrivo di ancora qualcosa di più grosso. Alla fine, in tutto quel casino, si riuscirà a capire qualcosa solo in quella che sembra la parte centrale del racconto. Nessuna reale spiegazione ma tanti, tanti, tanti personaggi, che, presentati in modo molto bambinesco (e, *coof coof*, casualmente molto giapponese) riescono comunque a colpire molto in quelle brevissime frasi e con un character design funzionale.
Il gruppo di personaggi diventa nel giro di poco la squadra di buoni con il quasi ormai solito rovesciamento della medaglia con lo stato dalla parte dei realmente cattivi. Quello che viene fuori, a questo punto, è una parte di combattimenti e inseguimenti in cui gioca gran parte della storia lo stile grafico di Lorenzo: Steno e i suoi nuovi amici dovranno liberare la madre e Rosabella, ma tutto ciò porterà, praticamente a poco più della metà dell'albo, alla brutta fine del protagonista. Da qui in poi il livello di stereotipi narrativi si fa davvero più pesante, rimanendo comunque leggibile grazie ai dialoghi molto veloci. Quello che ne viene fuori è un flashback dalla storia un po' già vista ma che riesce a far tornare molti nodi al pettine, e che alza d'improvviso la velocità della storia ad un livello impressionante. La storia si fa velocissima e qualche argomento e questione viene lasciata da parte per far spazio ad ancor altro, che viene sviluppato in maniera veloce e accattivante, ma sfortunatamente concluso allo stesso modo (X poteva essere un personaggio boss battle interessante nella forma che prende, ma sfortunatamente tutto ciò finisce nel giro di poco in un metodo quasi "contro i combattimenti" abiurando quasi la svolta che era stata presa verso metà volume).
Bellissima comunque la scena finale.
Spero che ora mi son spiegato bene: il fianco scoperto, cioè la trama e la sceneggiatura vista unicamente per quello che è applicandosi non nello stesso modo in cui si è applicato l'autore, è stereotipata e abbastanza deboluccia, nel senso che già vista in molte parti. Perfino la piega che prende ad un certo punto fa storcere un po' il naso, insieme ai tanti personaggi che, nel momento in cui potevano essere davvero interessanti, si fanno molto da parte. Il grandissimo mondo che ci viene presentato finisce per essere poco visto e sembra aver bisogno di altre storie per essere raccontato. Chissà che davvero l'autore ci pensi, potrebbe essere davvero bello.
Dal lato artistico e dettagliato, il tutto funziona al meglio. La fusione tra il giapponese e il, come già detto prima, nostrano è bello così come sono belli gli stacchi delle pagine completamente nere che spesso introducono grandi e stupende tavole che di giapponese hanno ben poco. Il design dei personaggi è ispirato e funzionale, e stesa cosa si può dire della costruzione della tavola.
La narrazione dal lato suo scorre veloce e non è mai pesante e riesce a far scorrere la trama, con qualche difetto già esposto prima, molto bene.
La cura c'è e come già detto si vede anche. I vari loghi sono tutti molto verosimili e funzionali inizialmente per gran parte della trama, suscitando anche fascino e curiosità. Problema è che, verso la fine, diventa qualcosa di secondario.
Golem è, dunque, un esperimento ben riuscito e molto ben leggibile. I difetti che ci sono si trovano sulla sceneggiatura, cosa che si può molto migliorare. La perfezione di tutto il resto però alza molto la curiosità nel rileggere e rileggere il volume più e più volte, e nell'aspettarsi altre opere dell'autore.
Bellissima comunque la scena finale.
Spero che ora mi son spiegato bene: il fianco scoperto, cioè la trama e la sceneggiatura vista unicamente per quello che è applicandosi non nello stesso modo in cui si è applicato l'autore, è stereotipata e abbastanza deboluccia, nel senso che già vista in molte parti. Perfino la piega che prende ad un certo punto fa storcere un po' il naso, insieme ai tanti personaggi che, nel momento in cui potevano essere davvero interessanti, si fanno molto da parte. Il grandissimo mondo che ci viene presentato finisce per essere poco visto e sembra aver bisogno di altre storie per essere raccontato. Chissà che davvero l'autore ci pensi, potrebbe essere davvero bello.
Dal lato artistico e dettagliato, il tutto funziona al meglio. La fusione tra il giapponese e il, come già detto prima, nostrano è bello così come sono belli gli stacchi delle pagine completamente nere che spesso introducono grandi e stupende tavole che di giapponese hanno ben poco. Il design dei personaggi è ispirato e funzionale, e stesa cosa si può dire della costruzione della tavola.
La narrazione dal lato suo scorre veloce e non è mai pesante e riesce a far scorrere la trama, con qualche difetto già esposto prima, molto bene.
La cura c'è e come già detto si vede anche. I vari loghi sono tutti molto verosimili e funzionali inizialmente per gran parte della trama, suscitando anche fascino e curiosità. Problema è che, verso la fine, diventa qualcosa di secondario.
Golem è, dunque, un esperimento ben riuscito e molto ben leggibile. I difetti che ci sono si trovano sulla sceneggiatura, cosa che si può molto migliorare. La perfezione di tutto il resto però alza molto la curiosità nel rileggere e rileggere il volume più e più volte, e nell'aspettarsi altre opere dell'autore.
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